Quando è impedito il viaggio verso un luogo santo, come in questo periodo, nulla ci trattiene dall’amore di Cristo. La Chiesa ci aiuta sempre a non perdere questa occasione, in primo luogo attraverso la liturgia. Sulle orme di Gesù possiamo chiedere la grazia di partecipare della vita che Egli è venuto a offrirci. Così un tempo come quello che stiamo vivendo rappresenta una grande occasione per vivere più a fondo la nostra dimensione di uomini pellegrini incamminati verso la verità. L’intervista a padre Francesco Ielpo, commissario di Terra Santa per la Lombardia.
“L’uomo non ha mai smesso di camminare“, ci dice padre Francesco Ielpo, un francescano, commissario di Terra Santa per la Lombardia, a cui abbiamo chiesto che opportunità ci può essere in un tempo così particolare come questo, fatto di privazioni e di impedimenti a causa dell’epidemia da COVID-19, e come poter vivere, in modo diverso, ma con uguale verità e profondità, la dimensione del pellegrinaggio. L’uomo, ci ha detto padre Ielpo, è un pellegrino, è fatto per camminare, non può fermarsi.
La vita dice di un passaggio, di un tempo destinato a qualcosa d’altro, a tornare alla casa del Padre da cui viene. Perciò l’uomo vero, l’uomo cosciente di sé e della verità della propria vita, non può non camminare verso il Padre, sulle orme di Cristo seguendo la strada e i misteri della vita di Cristo. Allora, quando è impedita una partecipazione fisica, è possibile non perdere questa dimensione di cammino della vita. Innanzitutto, ci dice padre Ielpo, attraverso la vita liturgica: l’anno liturgico è proprio pensato come un grande pellegrinaggio dietro a Cristo, atto a rivivere i misteri della Sua vita e della Sua consegna al Padre. Sulle Sue orme possiamo chiedere la grazia di partecipare della vita che Egli è venuto a offrirci. Così un tempo come quello che stiamo vivendo rappresenta una grande occasione per tornare alla casa del Padre, per vivere più a fondo la nostra dimensione di uomini pellegrini, in cammino verso la verità della vita. Un tempo in cui fermarsi, avendo più tempo a disposizione, per riscoprire qual è il significato del cammino.
La vita del cristiano è molto condizionata in questo periodo, obbligata a subire delle privazioni rispetto alla normalità. Come vivere questa situazione?
Non esistono condizioni che possono costringerci a rimanere separati dall’amore di Cristo, come dice san Paolo. Nulla ci può separare dall’amore di Cristo. Possono privarci di tutto, anche della vita, ma nulla può privarci del fatto che siamo amati da Cristo. Il punto vero, da vivere in questi giorni, è quello di percepire questo amore. Tutti a parole possiamo dire che è vero quello che dice san Paolo, ma poi abbiamo bisogno di farne esperienza.
Come è possibile fare questa esperienza?
L’esperienza di questo amore passa innanzitutto dall’accorgerci della vita che c’è, in noi e attorno a noi. È un Dio che non ci abbandona, che è sempre con noi. Sono giorni per riscoprire questa verità e questo amore. Siamo costretti dalle circostanze a fermarci, a non correre, con tanto tempo a nostra disposizione, magari limitati dallo spazio, ma con questa grande opportunità che ci viene donata da Cristo. Con tutti quegli aiuti che la Chiesa non smette di offrirci. È davvero commovente vedere come in questa nuova situazione la Chiesa non smette mai di farsi presente, di entrare nelle nostre case, attraverso modalità inedite, nuove. Ma c’è una possibilità che questa privazione ci faccia riprendere coscienza di cosa è importante per vivere. Ci ha fatto riprendere coscienza del valore e delle necessità, per esempio dell’Eucarestia. Qualcosa che potevamo dare per scontato, a cui magari non pensavamo neanche, a cui eravamo abituati, invece questa privazione ci fa dire che senza un rapporto vivo con Cristo non posso vivere. Posso sopravvivere, ma non posso vivere.
C’é, poi, una dimensione della vita cristiana che risulta particolarmente impedita, almeno fisicamente, ed è quella del pellegrinaggio. Si può vivere questa situazione importante in una situazione così particolare? In che modo?
L’uomo in quanto tale è pellegrino. Siamo tutti dei pellegrini. E il pellegrinaggio fisico non è altro che una metafora della vita stessa: l’esistenza è un pellegrinaggio. L’uomo è un pellegrino che sta tornando alla casa del Padre. Riscopriamo il valore del pellegrinaggio spirituale! Se geograficamente non possiamo spostarci, non è detto che questo ci impedisca di compiere il pellegrinaggio della vita, inteso come ritorno alla casa del Padre, incamminati verso la Gerusalemme del cielo. Io mi occupo di pellegrinaggi in Terra Santa: la partecipazione fisica a un pellegrinaggio di questo tipo offre la grande opportunità di ripercorrere i luoghi della salvezza. Ma non dobbiamo dimenticare che noi, durante tutto l’anno liturgico, veniamo invitati a compiere un pellegrinaggio attraverso i misteri di Cristo. Perciò il pellegrinaggio spirituale è sempre possibile, anche quando non ci sono le condizioni per mettersi in cammino fisicamente. E, di per sé, l’anno liturgico è pensato proprio come un grande pellegrinaggio, un grande cammino dietro a Cristo, sulle Sue orme, ripercorrendo tutti i misteri della Sua vita. Questo è sempre possibile, in qualsiasi occasione e circostanza. La cosa interessante è che, proprio per sottolineare questa caratteristica dell’uomo pellegrino, quando storicamente non è stato più possibile recarsi fisicamente in Terra Santa, la Chiesa non ha mai smesso di proporre dei cammini e dei pellegrinaggi, come il cammino di Santiago, alle tombe di Pietro e Paolo, a Loreto. Nascevano altri cammini perché non si poteva andare in Terra Santa, proprio per partecipare di quella grazia e di quel mistero.
Che possibilità è, invece, per chi può, partecipare a un pellegrinaggio?
È una grazia e un’occasione che si possono vivere, per fare un’esperienza più intensa, per sperimentare quegli elementi che costituiscono il cammino della vita e che lì sono concentrati in pochi giorni. Si va più a fondo, anche per la grazia del luogo, delle nostre radici, della nostra fede, del nostro incontro con Gesù. È l’occasione, dunque, per ritornare a casa e riprendere il cammino e il pellegrinaggio alla casa del Padre avendo fatto esperienza del Tabor. Cos’è il Tabor? In quel pellegrinaggio che Cristo compie verso Gerusalemme e verso la Sua Pasqua, a un certo punto Egli fa compiere ai Suoi discepoli esperienza della meta futura, finale: la gloria pasquale. Allora questi scendono dal monte, sapendo che vale la pena fare la strada, perché la meta è certa e, soprattutto, bella. Allora un pellegrinaggio diventa come un monte della trasfigurazione, dove si fa esperienza della certezza della meta. E quando si torna nella vita si è più motivati, entusiasti, lieti di compiere questo cammino che, a volte, e anche faticoso, come tutti i cammini.
In certi periodi della storia c’era un maggiore desiderio di raggiungere la Terra Santa almeno una volta nella vita. È vero?
Abbiamo documenti e testimonianze di gente che faceva sacrifici immani per partire, attraverso viaggi non agevoli, non sapendo se sarebbero tornati, ma con il desiderio di salvezza, di giungere in Terra Santa, sulla tomba di Cristo. Il Medio Evo è stato un periodo dove questo impulso e questa spiritualità dei luoghi santi erano molto accentuati. Ma, subito dopo, sono nati gli altri cammini. L’uomo non ha mai smesso di camminare…
Autore: Ermanno Luzi
Intervista apparsa su “La presenza di Maria”