PELLEGRINAGGIO da questa parola è partito il nostro Sacerdote-Accompagnatore, Padre Francesco, negli incontri di preparazione che ci ha donato prima del viaggio vero e proprio. E subito ognuno di noi ha dovuto fare i conti sulle proprie motivazioni e aspettative che ci avevano spinto ad accogliere con un SI alla proposta di Don Eligio.
Questo ha portato a sintonizzare mente a cuore non sulla storia, che lì affonda le sue radici nella notte dei tempi, ma sulla Storia – quella con la lettera maiuscola – di Risurrezione ovvero la nostra Fede, come Gesù, il Cristo, ha chiamato ognuno per nome.
Inutile dire che la cosa è parecchio disarmante, inevitabilmente si deve fare, ancora una volta, i conti con la propria indegnità: non ho fatto nulla per essere il preferito, anzi . L’unica cosa che mi è venuta in mente di fare, appena arrivati a Nazareth, è stato chiedere aiuto, come sempre, a Maria durante il S. Rosario comunitario.
Ovviamente la risposta è arrivata il giorno dopo, a Cafarnao la città di Gesù sulle rive del lago di Tiberiade, quando Padre Francesco ci ha fatto vedere e vivere gli sguardi di Pietro e degli Apostoli su Gesù, ma soprattutto quello di Lui su loro. Non erano speciali ma erano i Preferiti, come ognuno di noi. Vivevano in piccolissime stanze di pietra a un passo dalla Sinagoga e dalle barche da pesca, ma lì Gesù l’Unigenito, preferiva passare il suo tempo, giorno e notte con i suoi amici e le loro famiglie. Non un posto eclatante, ma una Monza qualsiasi ai confini dell’Impero, magari vivace perché all’incrocio di vie di comunicazione relativamente importanti ma decisamente niente di che.
Da lì, tornare in preghiera a Nazareth davanti alla casa del FIAT di Maria è stato molto forte, Lei, sempre sullo sfondo e indicando instancabilmente quel Figlio tanto amato, mi ha preso per mano e accompagnato per questa tutto sommato piccola regione del mondo, epicentro inevitabile, problematico e carico di Mistero per qualche miliardo di figli di Abramo, ma non solo.
Tutto nell’itinerario sottintende la mèta finale il Santo Sepolcro, non prima di aver cercato nel Deserto di Giuda quella brezza dello Spirito che ha parlato a Giovanni prima e a Gesù poi in questo vuoto pieno di Dio. Troppi stimoli in troppo poco tempo, il deserto in 30 minuti con il sottofondo del motore del pullman che ti aspetta, è come sentire il profumo di una torta appena sfornata in coda al semaforo, non funziona. Capisci che quella potrebbe essere una enorme occasione di Incontro, ma la testa non ha il tempo di fermarsi ed il cuore non ha il tempo di aprirsi. Quindi Luca, ritenta sarai più fortunato.
E poi arrivi a Gerusalemme, quella vera, non quella letteraria, con le sue pietre vere. Mi rendo conto che per noi italiani, abituati a vivere in un Paese stracolmo di segni di civiltà per lo meno dai tremila anni in su, la storicità della Città Santa fa molta meno impressione che per un Americano o un Australiano, ma in quanto pellegrini e non turisti ci permette di rimanere ben concentrati sullo sguardo di Fede con il quale varchiamo quelle porte. E cerchi Gesù.
E Gesù a Gerusalemme lo trovo nella Via Crucis celebrata in latino con i Francescani, nell’Eucarestia celebrata sul Golgota, in coda al Santo Sepolcro recitando il Rosario chiedendo la mediazione della Madre, in ginocchio piangente sulla pietra che ha accolto l’Agnello carico delle ferite inferte dai miei peccati e dai miei tradimenti.
E poi si deve tornare.
Il timore di perdere quella vicinanza “fisica” a Gesù di Nazareth striscia, la tentazione che quello sia l’unico posto Benedetto si affaccia, che il peso e la banalità della vita quotidiana sia solo un ostacolo fra noi e Dio ci fa ombra. E inevitabilmente si ricade, lo si ri-bacia, giù un altro chiodo e Lui… ti ama ancora e ancora e ancora, nonostante te.
Che bello ora impugnare il Rosario e vedere i 20 misteri !
Luca
