Nella prosperità l’uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono” (Salmo 49, 21). Questo potrebbe essere l’insegnamento a cui ci porta l’esperienza del Covid-19 secondo padre Francesco Ielpo, commissario della Custodia di Terrasanta per il nord Italia, in passato in visita a Brugherio per incontrare i pellegrini della comunità pastorale in partenza per la Terra dove ha vissuto Gesù. Solo nelle difficoltà ci rendiamo conto dell’importanza di quello che diamo per scontato come l’abbraccio di una persona cara o la libertà di uscire di casa.
L’abbiamo contattato domenica 26 aprile a Milano, presso il convento francescano di Sant’Angelo. “In Israele e Palestina è chiuso tutto – ci dice. Questo ha implicazioni importanti soprattutto per i cristiani che hanno nel turismo religioso una delle principali fonti di sostentamento. Sono due mesi oramai che non arriva un pellegrino ed anche i riti pasquali si sono celebrati senza fedeli.
Soprattutto a Betlemme è grave perché rimanendo sotto il governo dell’autorità palestinese, non ci sono ammortizzatori sociali, i dipendenti sono senza stipendio, le scuole sono chiuse e le strutture sanitarie inadeguate danno origine a grandi preoccupazioni. Il desiderio quindi è che tutto passi in fretta per superare questo forte choc sia sociale che economico”.
Suor Denise Abi Haidar, responsabile de “La crèche”, l’orfanotrofio di Betlemme, lo conferma. È Mario Trotta, presidente dell’associazione “Progetto sorriso crèche” che con varie attività, come la raccolta delle olive a Betlemme e a Gerusalemme a cui annualmente partecipano vari brugheresi, che ci riporta la sua testimonianza.
“Tutti i giorni vediamo con tristezza le notizie. Cosa fare? Se non pregare e pregare ancora perché questa pandemia cessi di propagarsi nel mondo e, soprattutto in Europa. Qui, le autorità palestinesi, dopo aver costatato i primi casi di Covid-19 in diversi alberghi di Betlemme, hanno subito optato per il confinamento a domicilio. Le frontiere con Israele sono state chiuse, come pure le scuole e tutti i commerci all’infuori dei supermercati. Usciamo solo per fare le commissioni necessarie. I nostri bambini non capiscono esattamente cosa stia succedendo. Capiscono solo che non ci sono più visite e che le scuole sono chiuse. Noi cerchiamo di tenerli occupati come nei periodi di vacanze. I nostri lavoratori riescono difficilmente a passare i posti di controllo per raggiungere la Crèche, alcuni devono dormire sul posto. I nostri volontari francesi sono stati costretti, con tristezza, a lasciare il paese, su ordine del Consolato Generale di Gerusalemme.
Quest’anno, la Quaresima per tutti è stata una vera Via Crucis. Come da voi, anche in Terra Santa non ci è stato permesso di assistere all’Eucaristia. Malgrado questa situazione difficile, noi vogliamo augurarvi di vivere una nuova Pasqua piena di speranza e della Luce del Cristo Risuscitato. Le nostre preghiere vi accompagnino fedelmente”.
La custodia di Terra Santa è inoltre responsabile per la pastorale in altri paesi del Medioriente come la Siria. “Il Coronavirus è arrivato anche lì – afferma padre Francesco, che ha visitato varie volte il paese ed in particolare la parrocchia di Aleppo guidata dal francescano padre Ibrahim Alsabagh.
Sono dieci anni ormai che c’è la guerra – continua. La povertà in questi ultimi mesi si sente ancora di più. Il cambio della lira siriana col dollaro è quasi zero, tante le famiglie allo stremo e ora anche la pandemia!
Commuove però, che quando hanno ricevuto le notizie dei morti in Italia subito si siano mossi per noi per assicurarci la loro preghiera. Inoltre, un altro aspetto positivo, è che ci siano stati due momenti di preghiera interreligiosa, uno settimana scorsa subito dopo Pasqua e prima del ramadan.
Uniti in preghiera contro la pandemia e la solidarietà tra i popoli, rivolgendosi a Dio insieme.
L’essenzialità che stiamo vivendo in questi momenti difficili – conclude – ci fa comprendere anche la scelta di povertà di san Francesco, perché siamo portati a vivere in modo più umano, senza pensare di essere autosufficiente, abbattendo tutte le barriere costruite e accorgendoci di avere bisogno degli altri. Paradossalmente questo potrebbe essere un tempo di grazia”.
Autore: Roberto Gallon
Articolo apparso su “Noi Brugherio”